di Claudio Pasqua
Quando si parla di James Cameron, si parla di un regista che ha riscritto più volte le regole del kolossal hollywoodiano. Da Terminator a Titanic, fino al primo Avatar, Cameron ha sempre unito ambizione tecnologica e racconto epico, spingendo il cinema spettacolare oltre i suoi limiti e trasformando ogni progetto in un evento culturale. Il suo cinema, però, è anche riconoscibile per strutture narrative solide e ricorrenti, che negli anni hanno costruito un immaginario potente ma, talvolta, prevedibile.
È proprio qui che Avatar: Fuoco e Cenere mostra il suo primo punto critico: la trama iniziale ripete fin troppo fedelmente i pattern dei film precedenti.
Gli umani tornano all’attacco con motivazioni appena ritoccate, i Sully devono di nuovo scappare e rifugiarsi presso un altro clan Na’vi, i ragazzi della famiglia continuano a bisticciare, Jake interpreta ancora il patriarca inflessibile.
Un altro elemento ricorrente nei film di Cameron è che l’antagonista sembra sempre “resuscitare” in qualche forma: basti pensare a Arnold Schwarzenegger nei panni del Terminator, che torna in scene sempre più spettacolari e memorabili, anche dopo apparenti sconfitte.
In Avatar: Fuoco e Cenere, invece, il "Colonnello" Colonnello Miles Quaritch, interpretato da Stephen Lang l'antagonista principale che, dopo essere morto nel primo film e tornato su Pandora tramite un "recombinato" (un avatar) con i suoi ricordi e la sua coscienza trasferiti, non ha la stessa presenza: rimane un personaggio di poco impatto e narrativamente debole, incapace di generare tensione reale o di lasciare un’impressione duratura, al contrario di molti antagonisti iconici della filmografia di Cameron.
I dialoghi nelle sequenze domestiche sono spesso scontati o eccessivamente drammatici, con battute gridate che sembrano lì solo per colmare i silenzi. Come hanno scritto critici come Peter Bradshaw e Nicholas Barber, è un film “prevedibile” e “goffo” in molti momenti, senza vere sorprese.
| Oona Chaplin dà al personaggio una fisicità travolgente |
È con l’ingresso di Varang che il film cambia volto
Ma poi arriva lei: Oona Chaplin nei panni di Varang.
Il momento in cui la leader del Popolo della Cenere fa la sua comparsa è un vero punto di svolta. Non è soltanto l’ennesima antagonista: la sua presenza altera profondamente il tono della storia, portando su Pandora un’onda di rabbia, lutto e disillusione che la saga non aveva mai esplorato con tanta intensità.
Varang: non urla per farsi ascoltare, non cerca approvazione, non perde tempo in spiegazioni. Osserva, si muove con autorità e impone la sua volontà.
Attraverso di lei, il film abbandona l’atmosfera di favola "ecologica" per diventare un dramma sul dolore irrisolto, sulla perdita di fiducia e su cosa succede quando l’equilibrio tanto celebrato non regge più.
La performance di Oona Chaplin
Oona Chaplin dà al personaggio una fisicità travolgente: controllata ma esplosiva, con uno sguardo che trasmette ferite profonde e una sensualità predatoria che non ha bisogno di essere esplicitata.
Niente è superfluo nella sua interpretazione: ogni gesto, ogni pausa, nasce da un dolore antico.
È il salto più audace e compiuto della sua carriera, lontanissimo dalla dolce Talisa di Game of Thrones, e dimostra quanto sappia usare il corpo come strumento primario, lavorando sulla tensione interiore più che sugli effetti spettacolari.
Portare il cognome Chaplin non è un peso leggero: essere nipote di Charlie Chaplin e pronipote di Eugene O’Neill significa crescere all’ombra di figure che hanno definito il cinema e il teatro del Novecento.
Eppure Oona ha sempre scelto la strada dell’indipendenza, senza appoggiarsi troppo a quell’eredità.
Alla Royal Academy of Dramatic Art ha raffinato la tecnica, senza perdere quell’istinto fisico che la rende unica sullo schermo: una recitazione essenziale, che scava nelle zone d’ombra piuttosto che cercare l’applauso facile.
Occasioni mancate e giudizio finale
Peccato che il film non le conceda più spazio, soprattutto nel finale, dove torna a concentrarsi sulla famiglia Sully e sul solito scontro con gli umani.
Se Fuoco e Cenere fosse stato più centrato su Varang e sul suo clan, avremmo forse avuto qualcosa di davvero innovativo.
⭐ Voto personale: 6,5 / 10
Un kolossal visivamente imperdibile (le sequenze vulcaniche e le battaglie finali sono pura adrenalina), ma narrativamente il più fiacco dei tre.
Il biglietto lo vale soprattutto per Oona Chaplin: la sua Varang è l’elemento che resta impresso più di tutto il resto e che fa sperare in un suo ritorno più centrale nei prossimi capitoli.
