Torino e il suo Piemonte: un territorio che continua a perdere il passo - TORINO+

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venerdì 12 dicembre 2025

Torino e il suo Piemonte: un territorio che continua a perdere il passo

Nel suo recente intervento, Giovanni Firera descrive con lucidità la parabola discendente del sistema industriale piemontese, utilizzando il caso dell’acquisizione di Italdesign da parte del gruppo indiano UST come nuovo campanello d’allarme. 

Ma, a ben vedere, più che un campanello d’allarme, quello di Italdesign è solo l’ennesimo rintocco di un declino che Torino e provincia sembrano non avere né la forza né la volontà di arrestare.



L’uscita di scena italiana di un’altra eccellenza dell’ingegneria automobilistica non è il risultato di una mancanza di talento o di risorse tecniche, ma il sintomo strutturale di un territorio incapace di valorizzare ciò che produce. Torino da anni non è più la capitale dell’auto: è diventata un serbatoio di competenze da cui attingono gruppi stranieri fin troppo consapevoli del capitale intellettuale torinese, e ancor più consapevoli dell’incapacità locale di farlo fruttare.


L’analisi  è impietosa e, purtroppo, difficile da contestare. La città e la sua provincia vivono da oltre vent’anni un immobilismo che sfocia quasi nella rassegnazione. Mentre regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno saputo reinventarsi costruendo nuovi distretti competitivi – dal biotech alla robotica, dall’AI al green tech – Torino sembra ancora aggrappata al mito di ciò che è stata, incapace di costruire ciò che potrebbe diventare.


Il risultato? Come sottolinea Firera, l’innovazione arriva a Torino ma non parte da Torino. Le aziende non crescono perché il territorio dialoga, investe, immagina: crescono quando arriva un gruppo estero disposto a rischiare e a investire dove la politica locale non ha saputo, o voluto, farlo. La provincia segue la stessa traiettoria: un’area ricca di competenze tecniche e tradizione manifatturiera che però non genera massa critica, non attrae capitale, non coltiva ecosistemi integrati tra imprese, ricerca e formazione.


Se una luce esiste, è quella dell’aerospazio. Ma il fatto che l’unico settore competitivo del Piemonte sia quello in cui sono stati fatti investimenti chiari e continuativi negli anni rischia di sottolineare ancora di più l’assenza di una visione industriale altrove. L’aerospazio non è un miracolo: è semplicemente ciò che accade quando esiste un progetto. Ed è proprio questo che manca a Torino e provincia: un progetto, una direzione, una regia capace di guidare la trasformazione anziché subirla.


L’acquisizione di Italdesign non è un evento isolato: è una metafora perfetta del Piemonte di oggi, un territorio che vive della memoria delle sue eccellenze ma non produce le condizioni per crearne di nuove. La città che un tempo guidava la modernizzazione industriale italiana ora lascia che siano altri a riconoscere il valore delle sue professionalità, mentre essa stessa rimane immobile a osservare il processo.


La conclusione che emerge è amara ma inevitabile: Torino e la sua provincia non sono territori privi di potenzialità, ma privi di ambizione. Senza una svolta radicale, senza il coraggio di abbandonare la retorica del passato e di costruire politiche industriali capaci di guardare lontano, continueranno a essere luoghi che il mondo compra, non luoghi che guidano il mondo.


Solo recuperando una visione – e la dignità strategica che negli ultimi decenni è mancata – Torino potrà smettere di cercare consolazione nella sua storia e iniziare a scrivere il proprio futuro. A oggi, purtroppo, nulla indica che questo stia accadendo.



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