La Presidente nazionale INBAR imprime la rotta politica e culturale di “Città Osmotica”. Due architetti torinesi al centro della tappa conclusiva 2025.
Non solo una rassegna di interventi, ma un vero atto politico-culturale sull’architettura e sul futuro delle città. La tappa conclusiva 2025 di “Città Osmotica”, ospitata il 20 e 21 dicembre a Crotone, ha visto un ruolo centrale degli architetti torinesi Piero Luigi Carcerano e Giò Dardano, all’interno di una cornice fortemente segnata dalla visione e dalla leadership della Presidente nazionale INBAR, Anna Carulli, autentico motore dell’intero programma.
È stata infatti Carulli a dare al convegno una direzione netta, sottraendolo alla dimensione dell’evento e restituendogli il peso di una piattaforma nazionale di lavoro. Nel suo intervento, “INBAR e il ruolo pubblico della Bioarchitettura”, la Presidente ha chiarito che “Città Osmotica” non è un titolo evocativo, ma un metodo operativo: un modo concreto di ripensare l’acqua come infrastruttura ambientale e politica, capace di trasformare le fragilità urbane in risorse di benessere collettivo.
La sua apertura dei lavori, con l’inaugurazione della mostra “Città Osmotica”, ha segnato un passaggio simbolico ma decisivo: rendere visibile la resilienza come tema pubblico significa costruire un immaginario condiviso e assumersi una responsabilità verso i territori. Nel Mediterraneo – ha sottolineato Carulli – la bioarchitettura torna ad essere ruolo civile, chiamata a tenere insieme clima, salute urbana, qualità dello spazio pubblico e manutenzione intelligente delle città.

In questo quadro si collocano con forza i contributi dei due architetti torinesi. Piero Luigi Carcerano, Presidente della Commissione Comunicazione ed Editoria INBAR, ha riportato il dibattito “oltre l’icona”, concentrandosi su comfort reale, prestazioni ambientali e responsabilità dell’abitare. Un intervento che ha ribadito come oggi la sostenibilità non possa essere una promessa, ma un criterio verificabile che guida il progetto e ne misura gli effetti sulla vita quotidiana delle persone.
Giò Dardano, Consigliere nazionale INBAR e responsabile Affari istituzionali, ha invece affrontato il tema dei margini urbani, ribaltandone la lettura: suolo e acqua non come limiti, ma come infrastrutture strategiche di resilienza e rigenerazione. Una prospettiva che dialoga anche con l’esperienza torinese, città che ha saputo ripensare il proprio rapporto con fiumi, spazi aperti e territori di confine.
Il valore dell’iniziativa è emerso con chiarezza nella tavola rotonda conclusiva, “Calabria Osmotica, priorità operative”, dove la visione di Carulli si è tradotta in proposta concreta: superare la retorica dell’emergenza e costruire continuità tra progetto, politica e amministrazione. Le infrastrutture verdi e blu, i suoli permeabili, l’ombra e l’acqua non sono elementi accessori, ma infrastrutture di civiltà, investimenti pubblici misurabili in termini di salute, sicurezza e qualità urbana.
Da Crotone, sotto la guida di Anna Carulli e con il contributo determinante di Carcerano e Dardano, “Città Osmotica” chiude il 2025 rilanciando una sfida che riguarda anche Torino: governare il cambiamento climatico non con interventi episodici, ma con una politica della visione capace di trasformare la bioarchitettura in grammatica quotidiana delle trasformazioni urbane.
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